Vacilla a Wall Street la barriera sull'indice S&P500
Stati Uniti spinti ad un'intesa con Pechino da un'economia rivelatasi meno tonica di inizio anno. L'esatto opposto della Cina, che ha sfornato dati macro che inducevano ad un proficuo temporeggiamento. Il disinnesco della crisi fa volare i mercati.
Wall Street ha terminato la settimana sostanzialmente invariata, poggiando su un solido recupero che ha riassorbito le perdite accumulate dopo lo scellerato 2 aprile, ma mantenendo la tinta rossa che ha contraddistinto il 2025: con lo S&P500 che si attesta mestamente al 24esimo posto nel G30, in un ranking che vede sfrontatamente Germania, Spagna ed Italia sul podio, e subito dietro il Messico. Ciò che non uccide fortifica... Così come l’economia americana si dimena fra soft data sconfortanti ed hard data che sorprendentemente tengono, dal punto di vista tecnico lo S&P appare compresso fra una serie di input che delineano una precisa evoluzione nei prossimi mesi, ed una media mobile a 200 giorni finora ostile nel concedere ai compratori il giro d’onore. Verosimilmente quanto emerso ieri sera dall’incontro svizzero fra le delegazioni di Cina e Stati Uniti – non molto, a dire il vero... – consentirà al benchmark azionario americano di avere ragione di questa soglia finora ostinatamente contenitiva.
Come segnala il rapporto settimanale, mentre il Citi Economic Surprise Index (CESI) di Pechino svetta sui massimi, il CESI americano langue ancora in territorio negativo. In effetti l’Export cinese ad aprile a sorpresa è balzato verso l’alto, mentre gli USA sfornano tuttora dati inferiori alle attese. Non sorprende che l’amministrazione Trump malceli una certa fretta nel portare a casa una bozza di intesa che migliori le depresse aspettative. Il mercato azionario ha già inteso tutto. Le azioni del paniere dello S&P500 in ipervenduto sono passate in poche settimane dall’83 al 16%. Un transito considerevole, sperimentato in passato altre dieci volte. Ne parliamo dettagliatamente nel Rapporto Giornaliero di oggi. Certo l'andamento prefigurato conferma il messaggio del nostro modello di asset allocation.
D’altro canto la stagione delle trimestrali, che volge al termine, ha fornito agli investitori elementi di conforto: la crescita degli utili è raddoppiata a +12% rispetto ad un anno fa, rispetto al +6% della vigilia. Soprattutto, a persuadere è risultato l’orientamento verso il futuro, con una percentuale netta di aziende che ha rivisto in positivo per le prospettive di crescita: un risultato del tutto inatteso e naturalmente benvenuto. A questo punto l’attenzione di tutti si sposta verso il CPI atteso domani. Con un petrolio reduce da un severo ribasso, è convinzione di molti che l’inflazione farà registrare letture confortanti. Ma potrebbe essere l’ultimo dato contenuto, prima che intervengano gli effetti tardivi dell’incertezza commerciale dei primi quattro mesi dell’anno.
La maggior parte dei listini azionari mondiali si avvia a chiudere il primo semestre in consistente guadagno, nonostante la guerra commerciale e quella convenzionale in Medio Oriente, ed a fronte di una Federal Reserve paralizzata sul fronte dei tas... Continua...
Scontato un nulla di fatto questa sera sui tassi di interesse, le attese si soffermano sui "puntini" del FOMC e sulle previsioni economiche aggiornate (SEP). Borse ancora prevedibilmente fiacche per le prossime due settimane. Continua...
A 100 punti dal massimo storico di febbraio, Wall Street fa moderata marcia indietro, capitalizzando un guadagno del 20% dai minimi in due mesi. Il VIX precipita, mentre gli asset rifugio non brillano particolarmente in una seduta da risk-off. Continua...
Stati Uniti spinti ad un'intesa con Pechino da un'economia rivelatasi meno tonica di inizio anno. L'esatto opposto della Cina, che ha sfornato dati macro che inducevano ad un proficuo temporeggiamento. Il disinnesco della crisi fa volare i mercati.
Wall Street ha terminato la settimana sostanzialmente invariata, poggiando su un solido recupero che ha riassorbito le perdite accumulate dopo lo scellerato 2 aprile, ma mantenendo la tinta rossa che ha contraddistinto il 2025: con lo S&P500 che si attesta mestamente al 24esimo posto nel G30, in un ranking che vede sfrontatamente Germania, Spagna ed Italia sul podio, e subito dietro il Messico. Ciò che non uccide fortifica...
Così come l’economia americana si dimena fra soft data sconfortanti ed hard data che sorprendentemente tengono, dal punto di vista tecnico lo S&P appare compresso fra una serie di input che delineano una precisa evoluzione nei prossimi mesi, ed una media mobile a 200 giorni finora ostile nel concedere ai compratori il giro d’onore. Verosimilmente quanto emerso ieri sera dall’incontro svizzero fra le delegazioni di Cina e Stati Uniti – non molto, a dire il vero... – consentirà al benchmark azionario americano di avere ragione di questa soglia finora ostinatamente contenitiva.
Come segnala il rapporto settimanale, mentre il Citi Economic Surprise Index (CESI) di Pechino svetta sui massimi, il CESI americano langue ancora in territorio negativo. In effetti l’Export cinese ad aprile a sorpresa è balzato verso l’alto, mentre gli USA sfornano tuttora dati inferiori alle attese. Non sorprende che l’amministrazione Trump malceli una certa fretta nel portare a casa una bozza di intesa che migliori le depresse aspettative.
Il mercato azionario ha già inteso tutto. Le azioni del paniere dello S&P500 in ipervenduto sono passate in poche settimane dall’83 al 16%. Un transito considerevole, sperimentato in passato altre dieci volte. Ne parliamo dettagliatamente nel Rapporto Giornaliero di oggi. Certo l'andamento prefigurato conferma il messaggio del nostro modello di asset allocation.
D’altro canto la stagione delle trimestrali, che volge al termine, ha fornito agli investitori elementi di conforto: la crescita degli utili è raddoppiata a +12% rispetto ad un anno fa, rispetto al +6% della vigilia. Soprattutto, a persuadere è risultato l’orientamento verso il futuro, con una percentuale netta di aziende che ha rivisto in positivo per le prospettive di crescita: un risultato del tutto inatteso e naturalmente benvenuto.
A questo punto l’attenzione di tutti si sposta verso il CPI atteso domani. Con un petrolio reduce da un severo ribasso, è convinzione di molti che l’inflazione farà registrare letture confortanti. Ma potrebbe essere l’ultimo dato contenuto, prima che intervengano gli effetti tardivi dell’incertezza commerciale dei primi quattro mesi dell’anno.