La BCE non delude le aspettative della vigilia, ma la sensazione è che il tightening globale sia ai titoli di coda. Lo S&P500 inizia con il piede sbagliato, ma poi cambia marcia. Un comportamento ricorrente sui mercati finanziari, negli ultimi giorni.
La Banca Centrale Europea non ha deluso le aspettative della vigilia, con il tasso sui depositi che sale a livelli prima d’ora visti soltanto fra metà 2007 e fine 2008, e fra giugno 2000 e settembre 2001: non proprio precedenti del tutto beneauguranti. Perlomeno la signora Lagarde ha chiarito che d’ora innanzi la maggiore incertezza suggerirà un approccio pragmatico. Il rischio crescente di errori di politica monetaria prescriverà probabilmente un ultimo rincaro da un quarto di punto prima di una prolungata pausa. Negli Stati Uniti i banchieri centrali osservano il consueto silenzio prima del FOMC del 21-22 marzo, ma il mercato a termine anticipa ora una probabilità del 74% di aumento da 25 punti base, ed un ultimo intervento a maggio; prima di una fase riflessiva. La curva a termine prezza addirittura 88 pb di taglio dei tassi entro la fine dell’anno. La tensione è palpabile: ampie escursioni di prezzo caratterizzano gli asset finanziari e le scelte degli investitori. Ieri si è avuta conferma delle vendite forzate a cui è stato costretto il noto macro hedge fund Brevan Howard, dopo le perdite subite su operazioni sui bond a breve scadenza. Poche ore prima la ICI ha reso noto un massiccio afflusso di ben 121 miliardi di dollari (il 2.5% delle masse amministrate) verso i fondi comuni monetari i quali, per ovvie ragioni, hanno dovuto impiegare questa copiosa liquidità nell’acquisto di bond a breve scadenza: cagionando un’impennata artificiosa e senza precedenti dei rendimenti. Non diciamo che il mercato sia drogato, ma di sicuro le scelte compiute oggi condizioneranno lo scenario macro e finanziario dei mesi a venire. Ieri per dirne una Goldman Sachs ha giustamente aumentato al 35% la probabilità stimata di una recessione nei prossimi dodici mesi. I settori difensivi dei listini reagiscono, tornando a sovraperformare le società più cicliche del mercato azionario. Ieri lo S&P500 è passato da una perdita iniziale superiore allo 0.75%, ad un guadagno superiore all’1.75%. Un setup registrato significativamente giusto in prossimità del minimo dello scorso autunno: farebbe ben sperare. Dal 2007 in poi la configurazione delineata è stata registrata in una decina di occasioni, omettendo i casi ripetutisi a breve distanza di tempo. Nel Rapporto Giornaliero di oggi discutiamo le prospettive di Wall Street per i prossimi mesi, alla luce di questo suggestivo setup.
Le previsioni di gennaio stanno trovando puntuale riscontro su tutti i fronti: a Piazza Affari, a Wall Street ed a Times Square. Performance in tutti i casi lusinghiere che stridono con le aspettative depresse della maggior parte degli investitori. ... Continua...
Completato il consolidamento atteso fra il 20 febbraio ed il 20 marzo, Piazza Affari riparte ora alla volta dell'obiettivo temporale delineato dalla mappa previsionale: ancora una volta spettacolare nell'anticipare le tendenze della borsa italiana c... Continua...
Si avvia a conclusione la finestra benigna semestrale, accreditata alla fine di settembre di un saldo medio storico superiore al 10%. La performance del 2022-23 supera di poco il 10%, ma si fa ancora in tempo a migliore. Specie alla luce del Panic-E... Continua...
La BCE non delude le aspettative della vigilia, ma la sensazione è che il tightening globale sia ai titoli di coda. Lo S&P500 inizia con il piede sbagliato, ma poi cambia marcia. Un comportamento ricorrente sui mercati finanziari, negli ultimi giorni.
La Banca Centrale Europea non ha deluso le aspettative della vigilia, con il tasso sui depositi che sale a livelli prima d’ora visti soltanto fra metà 2007 e fine 2008, e fra giugno 2000 e settembre 2001: non proprio precedenti del tutto beneauguranti. Perlomeno la signora Lagarde ha chiarito che d’ora innanzi la maggiore incertezza suggerirà un approccio pragmatico. Il rischio crescente di errori di politica monetaria prescriverà probabilmente un ultimo rincaro da un quarto di punto prima di una prolungata pausa.
Negli Stati Uniti i banchieri centrali osservano il consueto silenzio prima del FOMC del 21-22 marzo, ma il mercato a termine anticipa ora una probabilità del 74% di aumento da 25 punti base, ed un ultimo intervento a maggio; prima di una fase riflessiva. La curva a termine prezza addirittura 88 pb di taglio dei tassi entro la fine dell’anno.
La tensione è palpabile: ampie escursioni di prezzo caratterizzano gli asset finanziari e le scelte degli investitori. Ieri si è avuta conferma delle vendite forzate a cui è stato costretto il noto macro hedge fund Brevan Howard, dopo le perdite subite su operazioni sui bond a breve scadenza. Poche ore prima la ICI ha reso noto un massiccio afflusso di ben 121 miliardi di dollari (il 2.5% delle masse amministrate) verso i fondi comuni monetari i quali, per ovvie ragioni, hanno dovuto impiegare questa copiosa liquidità nell’acquisto di bond a breve scadenza: cagionando un’impennata artificiosa e senza precedenti dei rendimenti.
Non diciamo che il mercato sia drogato, ma di sicuro le scelte compiute oggi condizioneranno lo scenario macro e finanziario dei mesi a venire. Ieri per dirne una Goldman Sachs ha giustamente aumentato al 35% la probabilità stimata di una recessione nei prossimi dodici mesi. I settori difensivi dei listini reagiscono, tornando a sovraperformare le società più cicliche del mercato azionario.
Ieri lo S&P500 è passato da una perdita iniziale superiore allo 0.75%, ad un guadagno superiore all’1.75%. Un setup registrato significativamente giusto in prossimità del minimo dello scorso autunno: farebbe ben sperare. Dal 2007 in poi la configurazione delineata è stata registrata in una decina di occasioni, omettendo i casi ripetutisi a breve distanza di tempo. Nel Rapporto Giornaliero di oggi discutiamo le prospettive di Wall Street per i prossimi mesi, alla luce di questo suggestivo setup.