Sui mercati i peggiori auspici troveranno realizzazione?
In un anno gli investitori in borsa hanno guadagnato più del 22%: una pausa sui listini appare salutare e benvenuta. Nel frattempo gli economisti sono attanagliati da un dilemma: bisogna temere un risveglio dell'inflazione o un ritorno della recessione?
C’è nervosismo fra gli investitori. La prospettiva di due-tre tagli dei tassi di interesse, sembra replicare l’orientamento di inizio anno, quando le attese per la politica monetaria americana erano parimenti generose. Non è chiaro cosa mai possa provocare questa volta sorprese spiacevoli sul fronte dell’inflazione, ma il fattore geopolitico appare un valido candidato: con le quotazioni del greggio in netta ripresa, e con il rischio di rinnovate tensioni sulla supply chain internazionale. Questo suggerirebbe l’opportunità di muoversi con giudizio sul fronte della politica monetaria ma, all’opposto, non manca chi fa rilevare come la Fed rischi di ritrovarsi ancora una volta in ritardo: questa volta, nell’allentare il costo del denaro prima che il paventato rallentamento sfoci in una vera e propria recessione.
Qualche elemento di riflessione in più sarà offerto dal rapporto di luglio sull’occupazione. Gli economisti si aspettano 175 mila nuove buste paga, con previsioni oscillanti fra 70 e 225 mila unità; ma le previsioni sono state disattese in eccesso in ben 25 degli ultimi 30 mesi. Un eccesso di cautela diventato abituale. Ma il dato più discusso sarà un altro. Un tasso di disoccupazione al 4.2% o superiore, attiverebbe la Sahm Rule: rinnegata dalla sua stessa autrice, anticiperebbe l’imminenza di una recessione negli Stati Uniti. Il punto è che questa teoria è stata elaborata sulla base dell’assunzione di stabilità della popolazione negli USA. Ma se sopraggiungono milioni di immigrati, il tasso di disoccupazione sale. Anche se ritornano sul mercato lavoratori in precedenza disinteressati all’occupazione o demotivati o scoraggiati. Bisognerà allora una volta per tutte stabilire se il profilo demografico è irrimediabilmente mutato, o se l’economia è destinata alla recessione. È il governatore Powell a chiederlo...
Wall Street nel frattempo si concede una meritata e salutare pausa che rinfresca. Alla fine di luglio la performance a dodici mesi ha superato il 22%: il doppio rispetto al ritorno medio storico, sempre in termini total return. Gli investitori non hanno del tutto percezione delle eccezionali plusvalenze ammassate: negli ultimi dieci anni, considerando anche i dividendi, è stato portato a casa mediamente il 13.2% medio composto annuo. Il mese di agosto richiama correzioni anche pronunciate. Ma in un anno elettorale, come il 2024, lo S&P500 risulta essere salito in ben 10 delle ultime 14 occasioni (con due episodi negativi di entità non superiore allo 0.5%), conseguendo una performance media prossima al +2%. Per cui non è affatto detto che i peggiori auspici a consuntivo troveranno realizzazione.
Investitori in attesa del dato sull'inflazione negli Stati Uniti ad agosto. L'entità del CPI orienterà la misura del taglio dei tassi atteso fra una settimana. Nel frattempo Trump ripiega negli orientamenti dell'elettorato. E Wall Street si smarca d... Continua...
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In un anno gli investitori in borsa hanno guadagnato più del 22%: una pausa sui listini appare salutare e benvenuta. Nel frattempo gli economisti sono attanagliati da un dilemma: bisogna temere un risveglio dell'inflazione o un ritorno della recessione?
C’è nervosismo fra gli investitori. La prospettiva di due-tre tagli dei tassi di interesse, sembra replicare l’orientamento di inizio anno, quando le attese per la politica monetaria americana erano parimenti generose. Non è chiaro cosa mai possa provocare questa volta sorprese spiacevoli sul fronte dell’inflazione, ma il fattore geopolitico appare un valido candidato: con le quotazioni del greggio in netta ripresa, e con il rischio di rinnovate tensioni sulla supply chain internazionale.
Questo suggerirebbe l’opportunità di muoversi con giudizio sul fronte della politica monetaria ma, all’opposto, non manca chi fa rilevare come la Fed rischi di ritrovarsi ancora una volta in ritardo: questa volta, nell’allentare il costo del denaro prima che il paventato rallentamento sfoci in una vera e propria recessione.
Qualche elemento di riflessione in più sarà offerto dal rapporto di luglio sull’occupazione. Gli economisti si aspettano 175 mila nuove buste paga, con previsioni oscillanti fra 70 e 225 mila unità; ma le previsioni sono state disattese in eccesso in ben 25 degli ultimi 30 mesi. Un eccesso di cautela diventato abituale.
Ma il dato più discusso sarà un altro. Un tasso di disoccupazione al 4.2% o superiore, attiverebbe la Sahm Rule: rinnegata dalla sua stessa autrice, anticiperebbe l’imminenza di una recessione negli Stati Uniti. Il punto è che questa teoria è stata elaborata sulla base dell’assunzione di stabilità della popolazione negli USA. Ma se sopraggiungono milioni di immigrati, il tasso di disoccupazione sale. Anche se ritornano sul mercato lavoratori in precedenza disinteressati all’occupazione o demotivati o scoraggiati.
Bisognerà allora una volta per tutte stabilire se il profilo demografico è irrimediabilmente mutato, o se l’economia è destinata alla recessione. È il governatore Powell a chiederlo...
Wall Street nel frattempo si concede una meritata e salutare pausa che rinfresca. Alla fine di luglio la performance a dodici mesi ha superato il 22%: il doppio rispetto al ritorno medio storico, sempre in termini total return. Gli investitori non hanno del tutto percezione delle eccezionali plusvalenze ammassate: negli ultimi dieci anni, considerando anche i dividendi, è stato portato a casa mediamente il 13.2% medio composto annuo.
Il mese di agosto richiama correzioni anche pronunciate. Ma in un anno elettorale, come il 2024, lo S&P500 risulta essere salito in ben 10 delle ultime 14 occasioni (con due episodi negativi di entità non superiore allo 0.5%), conseguendo una performance media prossima al +2%. Per cui non è affatto detto che i peggiori auspici a consuntivo troveranno realizzazione.