Con lo S&P500 che si colloca tuttora di un buon 10 percento sopra il consenso degli strategist, e con le stesse argomentazioni di nove mesi fa proposte per il 2024, non siamo però alla definitiva capitolazione: soltanto una ineluttabile presa d’atto del fallimento delle previsioni della vigilia.

Settimana all’insegna del recupero per i mercati azionari europei; meno brillante per i listini americani: con lo S&P500 in marginale ripiegamento, soprattutto per effetto di tecnologici ed industriali. Ben 9 settori su 11 infatti chiudono l’ottava in territorio positivo, fornendo indicazioni confortanti circa l’ampiezza di mercato.

Per i ribassisti il momento del riscatto tarda a manifestarsi. Quest’anno lo S&P500 ha concesso un consolidamento fra febbraio e marzo (-7.75%), ed un ripiegamento inferiore al 5% ad agosto; ma mai una correzione formalmente degna di tal nome. Hanno prevalso timori ancestrali, con i fondi comuni monetari che hanno raccolto finora 900 miliardi di dollari: è un nuovo record storico. Chissà se mai questa ingente massa di denaro parcheggiata, si riversasse sui listini azionari...

La straordinaria resilienza delle borse, a fronte di un’economia che ha clamorosamente disatteso le diffuse aspettative di recessione, sta adesso mettendo alle corde i tanti strategist che ad inizio anno raccomandavano di stare alla larga dai listini: Societe Generale, Piper Sandler, Morgan Stanley, BNP Paribas, tanto per citare i nomi più citati dagli autoesclusi dal mercato Toro, hanno rivisto nelle ultime settimane i target di mercato, avvicinandoli alle quotazioni correnti.

Con lo S&P500 che si colloca tuttora di un buon 10 percento sopra il consenso degli strategist, e con le stesse argomentazioni di nove mesi fa proposte per il 2024, non siamo però alla definitiva capitolazione: soltanto una ineluttabile presa d’atto del fallimento delle previsioni della vigilia.

Si punta sempre il dito nei confronti della Fed, che potrebbe sparare ancora cartucce sotto forma di nuovi aumenti del costo del denaro. Ma stavolta non per contenere l’inflazione, bensì per accompagnare una crescita economica ancora una volta sorprendentemente positiva: produzione industriale, vendite al dettaglio avendo a loro volta superato le aspettative.

Sorpresa, è la parola chiave. L’indice CESI delle sorprese economiche ha ostentato una inclinazione positiva per tutti questi ormai quasi dodici mesi di bull market, trascinando con sé la performance di Wall Street. Un driver meno visibile ma probabilmente più efficace del millantato contributo decisivo delle "Magnifiche Sette".