Scontato l'esito del FOMC, si sposta sistematicamente la data del prossimo, eventuale taglio dei tassi ufficiali. Nel frattempo, a fronte di un mercato azionario salito di quasi il 10% in dieci sedute, si raffredda l'attività sui conti di trading negli Stati Uniti.
Tutto quello che avevamo da sapere sul FOMC che si conclude oggi, ce l’ha anticipato nei giorni passati Nick Timiraos, “governatore ombra” della Fed e pro-tempore editorialista del Wall Street Journal. Il dilemma di Powell è fra scegliere una turbolenta convivenza con una recessione, o la gestione spinosa di una stagflazione. Mantenere i tassi “elevati” per contenere gli imprevedibili effetti dei dazi sui prezzi al consumo, o tagliare il costo ufficiale del denaro per compensare la minore crescita che si prospetta. La banca centrale americana ha chiarito che una riduzione del policy rate sarebbe plausibile soltanto in presenza di una evidente e reiterata frenata congiunturale: uno o forse due rapporti deboli sull’occupazione, pur nel caso, non basterebbero. È curioso come un taglio del Fed Funds rate sia profetizzato dal mercato a termine ad un paio di mesi di distanza ma, con il sopraggiungere della riunione del FOMC, la possibilità sfumi del tutto.
Scontato il nulla di fatto per stasera, la possibilità che Powell intervenga a giugno è crollata a meno di una su tre. Se ne parlerebbe ora a fine luglio, ma è facile immaginare che l’attuale 75% sia destinato a ridimensionarsi con il passare delle settimane. Sembra di rivedere l’inizio del 2022: quando, a fronte di un PIL negativo nel primo quarto, l’inflazione già fuori controllo indusse la Fed a mantenere i tassi elevati. La differenza è che rispetto ad allora l’aggiustamento di mercato c’è stato, sebbene concentrato in un ristretto arco di tempo (più come il 2020, in effetti). Nelle ultime due settimane lo S&P500 ha guadagnato più del 9%: una performance sperimentata nel Dopoguerra in una trentina di occasioni, con Wall Street salita cinque mesi dopo in ben l’83% casi. Vitalità chiama ulteriore vitalità, pur al netto di possibili ulteriori aggiustamenti nelle sedute a venire.
Merito in buona misura riconducibile al contesto micro, con le trimestrali del Q1 che hanno fugato i timori della vigilia: gli utili operativi sono attesi in crescita di oltre il 12% rispetto ad un anno fa, a fronte di previsioni molto più contenute alla vigilia. Ben il 76% delle società che hanno riportato fino ad ora vantano profitti superiori alle aspettative. Con il mercato che ne ha premiato le quotazioni, penalizzando le poche società deludenti. Questo ha consentito di riportare il sorriso sul volto degli investitori. Non tutti: lo Schwab Trading Activity Index (STAX) è sceso ad aprile ai minimi degli ultimi due anni. Molti piccoli investitori hanno tirato di recente i remi in barca. Un comportamento saggio, o tardivo?
...se possono disporre della Trump put? Nel frattempo Goldman Sachs, sempre molto attiva su questo fronte, confortata dalla schiarita commerciale, ne approfitta per ritoccare verso l’alto il target di Wall Street a tre e dodici mesi: rispettivamente... Continua...
Stati Uniti spinti ad un'intesa con Pechino da un'economia rivelatasi meno tonica di inizio anno. L'esatto opposto della Cina, che ha sfornato dati macro che inducevano ad un proficuo temporeggiamento. Il disinnesco della crisi fa volare i mercati. Continua...
Soprattutto: quante possibilità ci sono di rivedere o anche soltanto di avvicinare il minimo di un mese fa? la risposta è fornita dai modelli previsionali: come sempre precisi nel delineare le prospettive dei mercati per i prossimi sei mesi. Continua...
Scontato l'esito del FOMC, si sposta sistematicamente la data del prossimo, eventuale taglio dei tassi ufficiali. Nel frattempo, a fronte di un mercato azionario salito di quasi il 10% in dieci sedute, si raffredda l'attività sui conti di trading negli Stati Uniti.
Tutto quello che avevamo da sapere sul FOMC che si conclude oggi, ce l’ha anticipato nei giorni passati Nick Timiraos, “governatore ombra” della Fed e pro-tempore editorialista del Wall Street Journal. Il dilemma di Powell è fra scegliere una turbolenta convivenza con una recessione, o la gestione spinosa di una stagflazione. Mantenere i tassi “elevati” per contenere gli imprevedibili effetti dei dazi sui prezzi al consumo, o tagliare il costo ufficiale del denaro per compensare la minore crescita che si prospetta.
La banca centrale americana ha chiarito che una riduzione del policy rate sarebbe plausibile soltanto in presenza di una evidente e reiterata frenata congiunturale: uno o forse due rapporti deboli sull’occupazione, pur nel caso, non basterebbero. È curioso come un taglio del Fed Funds rate sia profetizzato dal mercato a termine ad un paio di mesi di distanza ma, con il sopraggiungere della riunione del FOMC, la possibilità sfumi del tutto.
Scontato il nulla di fatto per stasera, la possibilità che Powell intervenga a giugno è crollata a meno di una su tre. Se ne parlerebbe ora a fine luglio, ma è facile immaginare che l’attuale 75% sia destinato a ridimensionarsi con il passare delle settimane. Sembra di rivedere l’inizio del 2022: quando, a fronte di un PIL negativo nel primo quarto, l’inflazione già fuori controllo indusse la Fed a mantenere i tassi elevati.
La differenza è che rispetto ad allora l’aggiustamento di mercato c’è stato, sebbene concentrato in un ristretto arco di tempo (più come il 2020, in effetti). Nelle ultime due settimane lo S&P500 ha guadagnato più del 9%: una performance sperimentata nel Dopoguerra in una trentina di occasioni, con Wall Street salita cinque mesi dopo in ben l’83% casi. Vitalità chiama ulteriore vitalità, pur al netto di possibili ulteriori aggiustamenti nelle sedute a venire.
Merito in buona misura riconducibile al contesto micro, con le trimestrali del Q1 che hanno fugato i timori della vigilia: gli utili operativi sono attesi in crescita di oltre il 12% rispetto ad un anno fa, a fronte di previsioni molto più contenute alla vigilia. Ben il 76% delle società che hanno riportato fino ad ora vantano profitti superiori alle aspettative. Con il mercato che ne ha premiato le quotazioni, penalizzando le poche società deludenti.
Questo ha consentito di riportare il sorriso sul volto degli investitori. Non tutti: lo Schwab Trading Activity Index (STAX) è sceso ad aprile ai minimi degli ultimi due anni. Molti piccoli investitori hanno tirato di recente i remi in barca. Un comportamento saggio, o tardivo?