Disattendendo ancora una volta le previsioni della maggioranza, la volatilità dei mercati crolla ai minimi termini: VIX sotto i 13 punti, MOVE sotto i 100 punti. Ci aspetta uno sgradevole fenomeno di mean reverting? le borse sono destinate ad un severo ridimensionamento?

Dunque a Francoforte si lancia il cuore oltre l’ostacolo e si decide di scrivere la storia. Al termine di un consiglio espressosi a quanto pare ad ampia maggioranza, la BCE aumenta i tassi ufficiali per la decima volta: di 25 punti base ad un nuovo massimo assoluto. Dal minimo di 14 mesi fa, l’aumento raggiunge i 450 pb.
Una cura da cavallo? non si direbbe visto che, anche dopo questa mossa, i tassi reali nell’Eurozona risultano ampiamente negativi; l’esatto opposto di quanto – peraltro da pochi mesi – si sperimenta negli Stati Uniti. Una politica monetaria dunque ancora accomodante, malgrado subito si siano sentiti gli strali dei politici: i quali dovrebbero occuparsi della crescita economica, avendone le risorse (NextGen EU), laddove la BCE al contrario è stata investita del mandato della stabilità monetaria.

Le dichiarazioni successive alla riunione di ieri lasciano oltretutto trapelare la sensazione che il terminal rate nel Vecchio Continente sia stato ormai raggiunto. La signora Lagarde non aumenterà più ulteriormente il costo del denaro, e questo è stato salutato sulle piazze continentali con il guadagno giornaliero più consistente dell’anno per lo Stoxx600. Anche i settori più performanti – Risorse di base (+4.2%), Real Estate ed Energy – confermano la preferenza per il Value, e di passaggio per la nostra allocazione settoriale.
Gli Stati Uniti si accodano alla tendenza, capitalizzando finalmente la buona stagionalità attesa fino alla fine della seconda decade di questo mese. La revisione del GDPNow (Q3 in crescita annualizzata al +4.9%, dal precedente +5.5%), successiva ai nuovi dati sui prezzi alla produzione e sulle vendite al dettaglio, confermano un’espansione meno tumultuosa e meno bisognosa delle attenzioni di Powell: difatti, fermo restando l’atteso nulla di fatto per la riunione di settembre, la prospettiva di un FOMC attivo a novembre è ora prezzata ad appena il 35% di probabilità.

Beffando ancora una volta le aspettative dei più, che confidavano in un boom della volatilità a settembre, sulla scorta di una proiezione circolata viralmente nelle settimane passate (financo stamattina...), il VIX ieri sera è scivolato sotto i 13 punti; il MOVE, sotto la tripla cifra.
Nel Rapporto Giornaliero di oggi ci siamo soffermati sulle implicazioni per i listini azionari di questo setup nel breve, e soprattutto nel medio periodo: da qui a sei mesi. Ne caldeggiamo la consultazione agli investitori.