Nonostante le attenzioni e le premure di moltissimi osservatori, i titoli di Stato continuano a perdere terreno, esasperando le perdite di un bear market strutturale. Le borse nel frattempo consolidano, in attesa di una nuova finestra benigna.

Dai lockdown allo shutdown, a quanto pare il passo è breve: sussiste la concreta possibilità che fra pochi giorni il governo federale americano chiuda temporaneamente i battenti per mancanza di fondi. Le schermaglie fra maggioranza repubblicana al Congresso e amministrazione Biden, allo stato attuale appaiono insanabili; ma la circostanza sul piano storico pare avere ripercussioni limitate tanto sulle prospettive di crescita economica, quanto sull’andamento dei mercati finanziari.
È una vicenda che però verosimilmente occuperà le discussioni sui siti finanziari a corto di argomentazioni fresche. Nessuna novità infatti emerge dal mercato obbligazionario: con i rendimenti a lunga scadenza che tuttora puntano inesorabilmente verso l’alto. Il Decennale USA si dirige verso il 4.70-4.75 percento, e con il Trentennale che sale ai livelli più sostenuti dal 2011. In ambo i casi, per un ispessimento del premio a termine: il terzo incomodo.

Che queste turbolenze, puntualmente salutate con favore da chi predica di sovrappesare il reddito fisso all’incirca da un paio d’anni a questa parte (ricorda vagamente la strategia disperata di mediare al ribasso azioni dalla dubbia reputazione, comprate nel tentativo di afferrare il coltello mentre cade: per inciso, non funziona mai), coincidano il consolidamento del listino azionario, è appunto una coincidenza o poco più: erano note da tempo le insidie che riservava il calendario in questo frangente.
Casomai qualche obiezione si potrebbe muovere alla continua rivalutazione del dollaro, sceso ora sotto quota 1.06 nei confronti dell’euro: una crescita che minaccia la capacità di generazione dei profitti delle società quotate. Ma il mercato azionario non se ne cura: anzi, è evidente la correlazione fra la forza relativa di Wall Street, e l’andamento del Dollar Index. Si potrebbe però obiettare che la relazione è invertita: Wall Street sale, sovraperforma gli altri listini, e così attira flussi internazionali di capitali...

Piazza Affari questa volta stecca, ma resta vistosamente distante dai minimi di agosto: nettamente penetrati da S&P500 e soci. In questo turbolento terzo trimestre, la borsa italiana è fra le poche a salvarsi: il FTSE MIB risulta sesto, per saldo, fra le prime 25 borse al mondo per capitalizzazione. Fanno meglio soltanto Danimarca, India, Regno Unito e Belgio. Con Singapore che chiude il ristretto elenco di listini non in sofferenza.