Lo S&P500 raggiunge un nuovo massimo storico: il 18esimo, quest'anno. Nonostante l'aumento dei tassi di interesse, la politica monetaria negli Stati Uniti si rivela accomodante, con economia e mercati che non abbisognano di minore costo del denaro.

Siamo dunque giunti ad un appuntamento periodico, che però questa sera non dovrebbe rivelare nulla, perlomeno sul fronte dei tassi di interesse negli Stati Uniti: il mercato a termine prezzando una probabilità infima (1%) di rialzo del Fed Funds rate a marzo. A gennaio, la stima della borsa di Chicago di limatura del costo del denaro a questo punto, era non inferiore al 50%.
Come se non bastasse, si inaspriscono i toni, con la presidente della Fed di Cleveland che anticipa la probabilità di revisione verso l’alto del neutral rate (r*) della politica monetaria americana: il livello teorico, di non agevole calcolo, ritenuto ottimale per il duplice conseguimento della stabilità dei prezzi al consumo e della massima occupazione.

Ciononostante, il mercato azionario si è fatto beffe di questa retorica sempre più hawkish, con lo S&P500 salito ieri sera ad un nuovo massimo storico: in una settimana, peraltro, storicamente impegnativa quale è quella successiva alle scadenze tecniche di marzo. Un mercato che non scende quando dovrebbe, invia dei precisi messaggi che nondimeno risultano da molti fatalmente ignorati.
Questa sera Powell potrebbe segnalare una revisione della traiettoria della politica monetaria americana per il 2024: da tre a soltanto due riduzioni del costo ufficiale del denaro. Sarebbe nel caso una proiezione persino benigna, visto lo stato di salute dell’economia. La signora Mester non ha tutti i torti.
Se la Fed non taglierà il policy rate a metà giugno, come appare probabile, dubitiamo che avrà la forza per farlo in occasione della successiva riunione di fine luglio, in piena convention; per non parlare di settembre, a poche settimane dalle elezioni. Se ne riparlerebbe nel 2025, eventualmente. Il capolavoro di Powell: aver allentato le condizioni finanziarie complessive, senza aver toccato i tassi di interesse. Draghi ne sarebbe fiero.

Un anno fa di oggi lo Stock/Bond ratio sollecitava delicatamente l’argine dinamico che da quattro anni ne accompagna il cammino rialzista. Una nitida opportunità per gli investitori di ribilanciare il portafoglio a favore del mercato azionario, sottopesando sensibilmente il reddito fisso, che però non tutti hanno colto. Dodici mesi dopo lo SBR si è rivalutato del 52%.
Sussiste tuttora una visibile dissonanza cognitiva, su cui sicuro si arrampica il Toro. La proiezione media degli strategist interpellati da Bloomberg per lo S&P500 a fine 2024 si attesta tuttora sotto i 5.000 punti, e gli esperti più ottimisti non si spingono oltre i 5.400 punti. Iniziano a volare gli stracci, con lo US Equity strategist di BofA per dirne una in aperto contrasto con il Chief Investment strategist della stessa casa. Ne vedremo delle belle nei mesi a venire.