I road show autunnali delle case di investimento confermano la sfortunata allocazione raccomandata nove mesi fa: via del mercato azionario, meglio il reddito fisso. Il monito di Einstein giace inascoltato. E le borse puniscono gli economisti per la loro eccessiva cautela.
Il mercato azionario quest’anno ha sorpreso la maggior parte di trader, analisti ed investitori. Lo S&P500 è reduce da tre trimestri positivi di fila, e a poco più di due settimane dalla fine di settembre conserva un esiguo vantaggio di una dozzina di punti rispetto alla fine del secondo trimestre. Una performance eccezionale e francamente esaltante, che però continua a non suscitare grandi entusiasmi. Al contrario, i primi road show autunnali confermano l’orientamento emerso alla fine dello scorso anno: la borsa è sopravvalutata (evoluzione di un mercato inopportuno alla luce di una recessione data nove mesi fa come ineluttabile), mentre il reddito fisso è indicato come una opportunità irrinunciabile. E pazienza se fino ad ora questa asset allocation sia risultata disastrosa. Albert Einstein ammoniva come fosse folle compiere la medesima azione, ed aspettarsi risultati differenti. Un sondaggio condotto nei giorni passati da Reuters, evidenziava come l’80% degli operatori confidi nella definitività dei rendimenti obbligazionari raggiunti di recente. Manco la briga di aspettare prima il rapporto sui prezzi al consumo nel mese di agosto che, come in quella popolare trasmissione televisiva, potrebbe confermare oppure ribaltare il pronostico. Al momento Bloomberg, su una cinquantina di economisti interpellati, calcola per gli Stati Uniti un CPI medio del +3.6% annuale. La Cleveland Fed è un tantino meno generosa, con una proiezione del +0.79% mensile, e del +3.82% annuale. Condivisibile il monito consegnato ieri all’agenzia dal noto gestore El-Erian: se l’effetto base favorevole è esaurito, con food, Energy e generi di consumo tornati ai loro abituali ritmi di crescita; da dove mai potrebbe giungere l’effetto calmierante per l’inflazione? Senza considerare che si vanno profilando altre voci che nei prossimi mesi potrebbero fornire un contributo positivo alla crescita del CPI. Gli economisti in effetti vivono questa battaglia un po’ rocambolesca: con la propria percezione dei fatti, prima che con i dati reali. Da mesi negli USA le release macro risultano puntualmente superiori alle aspettative della vigilia. Lo scorgiamo nettamente dai Citi Economic Surprise Index, che negli Stati Uniti appunto si collocano in solido territorio positivo. Una questione meramente formale? Non diremmo: sussiste una netta correlazione fra il CESI Usd e la misura con cui lo S&P500 si spinge verso l’alto rispetto alla sua media mobile a 200 giorni. In altre parole più gli economisti risultano ingiustificatamente cauti sulle prospettive economiche, e più il mercato ne penalizza l’operato. Qualcuno alla fine deve pur pagare il conto...
Il duration trade sul mercato obbligazionario si è rivelato un disastro, ma viene nondimeno reiterato con noncuranza da strategist a cui non si chiede dovutamente conto. Nel frattempo il mercato azionario va completando l'atteso consolidamento. Continua...
Il 2023 è stato disastroso per il mercato obbligazionario, e benigno nonostante il recente consolidamento per quello azionario. Eppure gli investitori voltano le spalle a quest'ultimo, conferendo ingenti somme verso il primo: nonostante la persisten... Continua...
Nonostante le attenzioni e le premure di moltissimi osservatori, i titoli di Stato continuano a perdere terreno, esasperando le perdite di un bear market strutturale. Le borse nel frattempo consolidano, in attesa di una nuova finestra benigna. Continua...
I road show autunnali delle case di investimento confermano la sfortunata allocazione raccomandata nove mesi fa: via del mercato azionario, meglio il reddito fisso. Il monito di Einstein giace inascoltato. E le borse puniscono gli economisti per la loro eccessiva cautela.
Il mercato azionario quest’anno ha sorpreso la maggior parte di trader, analisti ed investitori. Lo S&P500 è reduce da tre trimestri positivi di fila, e a poco più di due settimane dalla fine di settembre conserva un esiguo vantaggio di una dozzina di punti rispetto alla fine del secondo trimestre.
Una performance eccezionale e francamente esaltante, che però continua a non suscitare grandi entusiasmi. Al contrario, i primi road show autunnali confermano l’orientamento emerso alla fine dello scorso anno: la borsa è sopravvalutata (evoluzione di un mercato inopportuno alla luce di una recessione data nove mesi fa come ineluttabile), mentre il reddito fisso è indicato come una opportunità irrinunciabile. E pazienza se fino ad ora questa asset allocation sia risultata disastrosa.
Albert Einstein ammoniva come fosse folle compiere la medesima azione, ed aspettarsi risultati differenti. Un sondaggio condotto nei giorni passati da Reuters, evidenziava come l’80% degli operatori confidi nella definitività dei rendimenti obbligazionari raggiunti di recente. Manco la briga di aspettare prima il rapporto sui prezzi al consumo nel mese di agosto che, come in quella popolare trasmissione televisiva, potrebbe confermare oppure ribaltare il pronostico.
Al momento Bloomberg, su una cinquantina di economisti interpellati, calcola per gli Stati Uniti un CPI medio del +3.6% annuale. La Cleveland Fed è un tantino meno generosa, con una proiezione del +0.79% mensile, e del +3.82% annuale. Condivisibile il monito consegnato ieri all’agenzia dal noto gestore El-Erian: se l’effetto base favorevole è esaurito, con food, Energy e generi di consumo tornati ai loro abituali ritmi di crescita; da dove mai potrebbe giungere l’effetto calmierante per l’inflazione?
Senza considerare che si vanno profilando altre voci che nei prossimi mesi potrebbero fornire un contributo positivo alla crescita del CPI.
Gli economisti in effetti vivono questa battaglia un po’ rocambolesca: con la propria percezione dei fatti, prima che con i dati reali. Da mesi negli USA le release macro risultano puntualmente superiori alle aspettative della vigilia. Lo scorgiamo nettamente dai Citi Economic Surprise Index, che negli Stati Uniti appunto si collocano in solido territorio positivo.
Una questione meramente formale? Non diremmo: sussiste una netta correlazione fra il CESI Usd e la misura con cui lo S&P500 si spinge verso l’alto rispetto alla sua media mobile a 200 giorni. In altre parole più gli economisti risultano ingiustificatamente cauti sulle prospettive economiche, e più il mercato ne penalizza l’operato. Qualcuno alla fine deve pur pagare il conto...