La maggior parte dei listini azionari mondiali si avvia a chiudere il primo semestre in consistente guadagno, nonostante la guerra commerciale e quella convenzionale in Medio Oriente, ed a fronte di una Federal Reserve paralizzata sul fronte dei tassi.
Il temporeggiamento dell’amministrazione Trump circa un coinvolgimento formale nella guerra fra Israele ed Iran, consente ai future americani di recuperare buona parte delle perdite maturate nella sessione notturna, con lo S&P500 in limatura di un quarto di punto percentuale. Naturalmente, occorrerebbe escludere l’influsso di altri variabili; prima fra tutte la reazione degli operatori alle dichiarazioni di Powell successive al FOMC di mercoledì. Secondo gli esperti, la rinnovata instabilità in Medio Oriente genera per le quotazioni del petrolio un “premio geopolitico” di 8 dollari per barile di Brent. Brent che questa mattina apre in calo del 2%, riflettendo in parte le cautele politiche occidentali, in (buona) parte diremmo le due proiezioni dei modelli previsionali proposti nei giorni passati.
Ad ogni modo il WTI a ieri guadagnava in tre settimane il 25%. Per ritrovare una performance simile occorrerebbe risalire ad inizio 2022, e la circostanza coincise con l’inaugurazione di un rallentamento economico, e con l’ultimo, formale bear market (quest’anno ci siamo andati molto vicini). La differenza sostanziale rispetto ad allora è che negli ultimi dodici mesi il greggio segna un tuttora confortante -9%, mentre all’inizio di tre anni fa la performance a dodici mesi raggiunse il +85%. In effetti storicamente le recessioni si manifestano quando l’oro nero raddoppia di prezzo in un anno... Ad una settimana dall’inizio delle ostilità, la reazione dei mercati azionari appare tutto sommato composta. Se dieci anni fa ci avessero anticipato un simile evento, avremmo paventato un petrolio a tripla cifra, perdite di borsa a doppia cifra percentuale e oro e dollaro e Treasury in orbita. Nulla di tutto questo è accaduto. Il che, facendo i debiti scongiuri, ci consente di rilevare come il “fattore geopolitico” sia fra gli investitori alquanto sopravvalutato.
Ad una decina di giorni dal giro di boa, 22 delle prime trenta borse al mondo per capitalizzazione guadagnano terreno rispetto al 2024, con un podio alquanto inconsueto che propone Corea (+24.1%), Spagna (+18.5%) ed Israele (+18.2%). Stati Uniti e Cina pagano le schermaglie commerciali chiudendo il ranking positivo, mentre le residue otto posizioni negative sono occupate da ben sei listini asiatici. Piazza Affari perde posizioni, pur vantando tuttora un saldo a doppia cifra percentuale. L’All Share Italia sta mestamente negando lo sfondamento dei massimi di inizio anno, confermando la previsione del modello previsionale basato sul mercato delle opzioni, che suggeriva un picco a fine maggio; e di cui condividiamo oggi il percorso prospettato fino alla fine di agosto.
La volatilità di Wall Street registra letture compresse da due mesi a questa parte. Secondo alcuni, il sintomo di eccessiva fiducia nelle sorti di mercato. L'ultima parola spetta come sempre ai modelli previsionali: ancora una volta contro il mainst... Continua...
Esce oggi l’Outlook di metà anno, rivelando le prospettive dell’economia e dei mercati finanziari per i prossimi sei mesi, ed oltre. Al solito, l’auspicio è che risulti ancora una volta una guida insostituibile della gestione degli investimenti. Continua...
Piazza Affari celebra un nuovo massimo storico in termini total return. Quotazioni quasi quintuplicate in 13 anni: la corrente generazione ne parlerà per anni. Nel frattempo l'Eurostoxx è alle prese con i massimi storici. È il 2013 dell'Europa? Continua...
La maggior parte dei listini azionari mondiali si avvia a chiudere il primo semestre in consistente guadagno, nonostante la guerra commerciale e quella convenzionale in Medio Oriente, ed a fronte di una Federal Reserve paralizzata sul fronte dei tassi.
Il temporeggiamento dell’amministrazione Trump circa un coinvolgimento formale nella guerra fra Israele ed Iran, consente ai future americani di recuperare buona parte delle perdite maturate nella sessione notturna, con lo S&P500 in limatura di un quarto di punto percentuale. Naturalmente, occorrerebbe escludere l’influsso di altri variabili; prima fra tutte la reazione degli operatori alle dichiarazioni di Powell successive al FOMC di mercoledì.
Secondo gli esperti, la rinnovata instabilità in Medio Oriente genera per le quotazioni del petrolio un “premio geopolitico” di 8 dollari per barile di Brent. Brent che questa mattina apre in calo del 2%, riflettendo in parte le cautele politiche occidentali, in (buona) parte diremmo le due proiezioni dei modelli previsionali proposti nei giorni passati.
Ad ogni modo il WTI a ieri guadagnava in tre settimane il 25%. Per ritrovare una performance simile occorrerebbe risalire ad inizio 2022, e la circostanza coincise con l’inaugurazione di un rallentamento economico, e con l’ultimo, formale bear market (quest’anno ci siamo andati molto vicini). La differenza sostanziale rispetto ad allora è che negli ultimi dodici mesi il greggio segna un tuttora confortante -9%, mentre all’inizio di tre anni fa la performance a dodici mesi raggiunse il +85%. In effetti storicamente le recessioni si manifestano quando l’oro nero raddoppia di prezzo in un anno...
Ad una settimana dall’inizio delle ostilità, la reazione dei mercati azionari appare tutto sommato composta. Se dieci anni fa ci avessero anticipato un simile evento, avremmo paventato un petrolio a tripla cifra, perdite di borsa a doppia cifra percentuale e oro e dollaro e Treasury in orbita. Nulla di tutto questo è accaduto. Il che, facendo i debiti scongiuri, ci consente di rilevare come il “fattore geopolitico” sia fra gli investitori alquanto sopravvalutato.
Ad una decina di giorni dal giro di boa, 22 delle prime trenta borse al mondo per capitalizzazione guadagnano terreno rispetto al 2024, con un podio alquanto inconsueto che propone Corea (+24.1%), Spagna (+18.5%) ed Israele (+18.2%). Stati Uniti e Cina pagano le schermaglie commerciali chiudendo il ranking positivo, mentre le residue otto posizioni negative sono occupate da ben sei listini asiatici.
Piazza Affari perde posizioni, pur vantando tuttora un saldo a doppia cifra percentuale. L’All Share Italia sta mestamente negando lo sfondamento dei massimi di inizio anno, confermando la previsione del modello previsionale basato sul mercato delle opzioni, che suggeriva un picco a fine maggio; e di cui condividiamo oggi il percorso prospettato fino alla fine di agosto.