Doccia fredda dai dati della manifattura nel mese di maggio: frena il tasso di crescita dell'economia americana, proprio mentre si consolidava la previsione di un nulla di fatto sul fronte del costo ufficiale del denaro da qui fino alla fine dell'anno.
È una settimana cruciale per la politica monetaria globale, con diverse banche centrali che si riuniscono per valutare la riduzione del costo del denaro. Apre le danze la Bank of Canada, ma gli occhi di tutti sono puntati verso Francoforte, dove giovedì la BCE ridurrà il tasso sui depositi di un quarto di punto percentuale. La probabilità in tal senso prezzata dal mercato a termine supera il 95%, mentre ben 54 economisti interpellati da Bloomberg, su 55, anticipano l’avvio della campagna distensiva. Alla fine di maggio quasi un istituto di emissione su tre al mondo (il 32.35%, per la precisione) aveva ridotto il policy rate come ultima misura ufficiale di politica monetaria. Una proporzione dunque destinata ad espandersi nelle prossime settimane. Sebbene disattenderà proprio il membro più illustre.
Nell’ultimo numero in edicola, Barron’s lancia un inquietante monito: «Ecco perché la Fed non taglierà nel 2024», citando la robusta crescita economica, un’inflazione che ancora non piega la testa e l’andamento robusto del mercato del lavoro nonostante un inasprimento dai 500 punti base. Nulla che non fosse noto o quantomeno prevedibile all’inizio dell’anno. Ad ogni modo il FOMC Watch prezza ora una probabilità dell’89% che il Fed Funds rate venga tagliato entro la fine dell’anno. Ad un certo punto dello scorso mese la proiezione di crescita della Fed di Atlanta per il Q2 superava il 4.0% annualizzato; ieri, clamorosamente, la stima è stata ulteriormente ridotta al +1.8%, dopo la doccia fredda del primo trimestre. Forse il ciclo economico USA rallenterà a sufficienza per fornire qualche sorpresa su questo fronte, ora che le aspettative di easing evidentemente sono state del tutto resettate. Il capolavoro sarebbe una crescita abbastanza positiva da non pregiudicare la crescita dei profitti aziendali, ma abbastanza contenuta da incoraggiare una revisione favorevole delle attese di politica monetaria.
Lo S&P500 aggiorna i massimi storici, e ha tutta l'aria di volersi migliorare ulteriormente fino alla fine dell'anno. Un anno la cui dinamica è stata prevista in modo a dir poco spettacolare. E adesso si inizia a lavorare al 2025 Yearly Outlook... Continua...
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Doccia fredda dai dati della manifattura nel mese di maggio: frena il tasso di crescita dell'economia americana, proprio mentre si consolidava la previsione di un nulla di fatto sul fronte del costo ufficiale del denaro da qui fino alla fine dell'anno.
È una settimana cruciale per la politica monetaria globale, con diverse banche centrali che si riuniscono per valutare la riduzione del costo del denaro. Apre le danze la Bank of Canada, ma gli occhi di tutti sono puntati verso Francoforte, dove giovedì la BCE ridurrà il tasso sui depositi di un quarto di punto percentuale. La probabilità in tal senso prezzata dal mercato a termine supera il 95%, mentre ben 54 economisti interpellati da Bloomberg, su 55, anticipano l’avvio della campagna distensiva.
Alla fine di maggio quasi un istituto di emissione su tre al mondo (il 32.35%, per la precisione) aveva ridotto il policy rate come ultima misura ufficiale di politica monetaria. Una proporzione dunque destinata ad espandersi nelle prossime settimane. Sebbene disattenderà proprio il membro più illustre.
Nell’ultimo numero in edicola, Barron’s lancia un inquietante monito: «Ecco perché la Fed non taglierà nel 2024», citando la robusta crescita economica, un’inflazione che ancora non piega la testa e l’andamento robusto del mercato del lavoro nonostante un inasprimento dai 500 punti base. Nulla che non fosse noto o quantomeno prevedibile all’inizio dell’anno.
Ad ogni modo il FOMC Watch prezza ora una probabilità dell’89% che il Fed Funds rate venga tagliato entro la fine dell’anno. Ad un certo punto dello scorso mese la proiezione di crescita della Fed di Atlanta per il Q2 superava il 4.0% annualizzato; ieri, clamorosamente, la stima è stata ulteriormente ridotta al +1.8%, dopo la doccia fredda del primo trimestre. Forse il ciclo economico USA rallenterà a sufficienza per fornire qualche sorpresa su questo fronte, ora che le aspettative di easing evidentemente sono state del tutto resettate.
Il capolavoro sarebbe una crescita abbastanza positiva da non pregiudicare la crescita dei profitti aziendali, ma abbastanza contenuta da incoraggiare una revisione favorevole delle attese di politica monetaria.