Dopo l'occupazione della Crimea sono incominciati i guai economici di Putin.
Grande risalto oggi all'ammissione sconsolata delle autorità russe circa l'ineluttabilità di una recessione, che nemmeno l'economia di guerra a Mosca riesce a scongiurare.
Ma i conti pubblici sono impietosi da tempo. In dollari, il prodotto interno lordo è il medesimo del 2013: dodici anni senza espansione alcuna, al di là della distorsione indotta dalla svalutazione del cambio, che non fa altro che aggravare le difficoltà della popolazione per via del rincaro dei beni importati.
Viceversa un'economia come quella della Polonia, pur impegnata in un programma di riarmo che ha portato la spesa per la Difesa a superare il 4% del PIL, appare vivace ed in solida espansione.
Nel 2013, prima dell'occupazione della Crimea da parte dell'esercito e degli "omini verdi" di Putin, Varsavia vantava un'economia pari al 22.6% di Mosca. A fine 2024 siamo saliti di venti punti al 42.2%: da meno di un quarto a quasi la metà.
Con la Polonia che quest'anno è attesa ad una crescita del 3.3% (+3.6% nel 2026) e con la Russia che mestamente sta scivolando verso una recessione che non potrà che aggravarsi un giorno quando si concluderà l'economia di guerra; è facile prevedere che fra sei mesi la soglia del 50% sarà quantomeno avvicinata, e presto superata.
E poi un giorno, chissà, magari il sorpasso...