Non è stato ancora raggiunto il punto di rottura negli Stati Uniti.

Gli esperti mettono sempre in guardia dall'elevato livello raggiunto dall'indebitamento negli Stati Uniti. Omettendo magari di citare la crescita non meno proporzionale degli attivi: il sempre presente lato sinistro dello stato patrimoniale.

Il mercato però non si cura di questi severi quanto non disinteressati moniti.

Malgrado il debito federale USA abbia raggiunto il 120% del prodotto interno lordo, le aste di titoli pubblici conoscono una richiesta puntualmente pari a 2-3 volte i titoli in emissione.

Tanto clamore, ma la domanda non conosce soluzione di continuità. Nessuno sciopero dei creditori. Niente effetto Liz Truss per lo Zio Sam.

Qui ci sono diverse spiegazioni. Appunto la raccolta di fondi è sapientemente impiegata dal governo americano per migliorare la traiettoria di crescita di lungo periodo; per diverso tempo l'aumento del deficit ha assorbito l'eccesso di risparmio nel settore privato, evitando sgradite pressioni deflazionistiche; si fa fatica a trovare carta di qualità che renda così tanto a condizioni ragionevoli di rischio; c'è un persistente saving glut globale, ed il dollaro resterà la valuta di riserva ancora almeno fino a metà secolo, difettando alternative altrettanto credibili.

Nonostante la montante frustrazione dei profeti di sventura, il mercato adora il debito americano.